Ciò che rende speciale la moda, ai giorni nostri, è l’essere intrisa di significati, profonda, risultato dell’unione di differenti correnti di pensiero che danno vita a ciò che, ogni giorno, indossiamo. Le aziende vanno oltre alla vendita di un semplice capo, vendono un’idea, un'ispirazione, una storia, legami con il territorio. Ma non basta. Ciò che fa davvero la differenza sono le persone in grado di trasmettere questi valori, di raccontarci queste storie, selezionando le più interessanti e portandoci dietro le quinte di un fenomeno culturale in continua evoluzione. Potremmo descrivere Samutaro come il pioniere di questi curatori. Invitato da tutti i più influenti esperti del settore, vanta un’ampia conoscenza e rispetto per l’artigianato e la manifattura che stanno alla base della realizzazione di un capo ed è in grado di trasmettere questi valori alla sua community attraverso una chiave di lettura nuova ed alternativa su ciò che di creativo ed emozionante lo circonda. Che sia testimone di un piccolo stabilimento di denim in pieno cambio generazionale, o in coda per un buffet insieme ai partecipanti di un’asta, è in grado di affascinare con i suoi racconti e scoperte sui personaggi più accattivanti del momento. Nonostante sia sempre connesso e presente a molti eventi, non tutti sanno chi sia veramente la persona dietro allo schermo. Molti non hanno mai visto il suo viso, pochi conoscono la sua storia, ma tutti condividono le sue passioni ed i suoi interessi, creando con lui un legame profondo e duraturo. L’utilizzo che Samutaro fa di Instagram, è l’opposto di quello che siamo abituati a vedere: dimenticatevi di post superficiali e privi di significato, la sua comunicazione è profonda, autentica e sarà in grado di trasmettervi le emozioni che lui prova mentre scrive, parola dopo parola. Abbiamo invitato Samutaro ad Arona, per fargli scoprire il territorio dove siamo nati e che rappresenta la pietra miliare della nostra identità. Dopo anni di reciproca ammirazione e rispetto, abbiamo trovato il momento perfetto per dargli il benvenuto in Italia. L’occasione ricade sulla celebrazione del nostro 70° anniversario e, conoscendo la sua passione per il mohair Marni, non poteva esserci ospite migliore per lanciare questa collaborazione esclusiva. Durante la sua permanenza, abbiamo colto l’occasione per fare quattro chiacchiere sulla sua visione del mondo e della moda. Sapevamo che avrebbe potuto offrire una prospettiva fresca e all’avanguardia condividendo con noi le sue idee ed esperienze sul mondo dei social media. Attraverso i suoi racconti, gesti e sguardi si riesce a cogliere la profondità della sua persona e l’amore per quello che fa, spinto da una forte curiosità e entusiasmo per ciò che la moda e il mondo hanno da offrirgli. Come scegli gli argomenti su cui scrivere? Ti basi su qualcosa di tendenza o interesse oppure segui altri criteri? Quando penso a cosa postare, l’ispirazione può arrivare da qualsiasi fonte. Potrei guardare la vetrina di un negozio come questo, chiacchierare con un amico, leggere una rivista, curiosare sul web. L’idea è quella di trovare una storia che sia interessante per me in primis, per poi condividerla con la mia community. Qual è stata l’ispirazione che ti ha portato a creare il tuo profilo Instagram? Non c’era nessun format simile quando hai iniziato. E’ vero, non molte persone si cimentano nel scrivere post molto lunghi e, onestamente, non so quanti nella mia community leggano ciò che scrivo fino in fondo. L’idea è quella di fornire un contesto, una storia dietro ogni singolo pezzo che analizzo. Quando mi sono affacciato a Instagram, ho scoperto che le persone si limitavano a condividere immagini, ma non c’era alcun background o contesto alla base. Il mio obiettivo è quello di fornire un valore aggiunto per chi mi legge, così che si possa sempre imparare qualcosa in più o semplicemente essere più informati. Il tuo profilo è tutt’altro che superficiale, si connette in profondità con la tua identità e personalità. Hai sempre avuto questo tipo di connessione con i social media? Si, penso che il mio Instagram parli poco di me come persona, si concentra sulle storie che condivido e che amo, è davvero un evento raro per me stare davanti ad una telecamera. Mi piace focalizzarmi sullo scrivere e condividere immagini, storie lasciando che siano loro il fulcro del mio profilo. Succede, a volte, che attraverso alcuni temi venga fuori la mia personalità, che io stia scrivendo di anime, automobili, hip hop o riguardo la musica che ascolto. Qual è il tuo ruolo? Ti identifichi come giornalista? Per identificarmi preferisco il termine hobbista al posto di giornalista, scrivo per passione e perché mi ritengo un fan delle culture e argomenti che tratto.Penso ci sia una riconnessione con il periodo Tumblr quando le persone erano semplicemente dei fan, postavano i loro interessi in maniera anonima, con una prospettiva puramente personale.Penso che questo sia quello che si sta verificando con le community al momento, forse le persone leggono meno dai grandi media e vanno alla ricerca di pagine più personali e profonde che offrono una visione diversa sulle cose. Ed è proprio in quello che loro si identificano. Qual è il tuo metodo di ricerca? Che ruolo hanno le conversazioni in tutto questo? Quando creo i miei post, potrei già avere un’idea nella mia testa ma trovo sempre interessante parlare con persone che fanno parte della mia community o sono nella mia cerchia di amici. Uno di loro è Angus a Londra, letteralmente un vulcano di idee soprattutto per ciò che riguarda la cultura degli anni 90 e le storie intorno a quegli anni. Lui è un grande fan di Kurt Cobain e appassionato dell’abbigliamento street anni ‘90. Se dovessi mai scrivere qualcosa sull’argomento, mi rivolgerei subito a lui.Penso che sia fondamentale parlare con persone che hanno vissuto quell’era perchè ci sono alcuni argomenti di cui scrivo che non ho vissuto personalmente e che necessitano quindi del punto di vista di chi li ha veramente attraversati. Chi sono le figure che stanno dando forma alla cultura al giorno d’oggi? C’è una nuova serie di pagine che al momento mi sta appassionando e sta contribuendo a cambiare il modo in cui le informazioni vengono condivise online. Un paio dei miei preferiti sono Hidden.NY (@hidden.ny), What's Culture (@whatsculture); mi piacciono anche Sabukaru (@sabukaru.online) dal Giappone e Archived Dreams (@archived.dreams). Ce ne sono poi molti altri che ritengo stiano attivamente cambiando il modo in cui le persone utilizzano e vedono i media, soprattutto Instagram. Interagisci molto con la tua community? Ritengo sia molto importante rimanere in contatto con la propria community, soprattutto su Instagram. Ricevo molti messaggi e cerco sempre di rispondere a tutti, è bello vedere che ci sono molti giovani curiosi là fuori. Magari posto qualcosa sul mio feed ma poi la conversazione si sposta nella sezione commenti e mi piace vedere come le persone interagiscono e i dialoghi che nascono di conseguenza.E’ interessante capire quale parte del post li ha colpiti, quale interessati; imparo molto dai loro commenti. Magari alcune persone ne sanno di più sull’argomento di cui sto parlando e aggiungono dettagli che lo rendono ancora più completo. In questo modo mi confronto con nuovi punti di vista e magari scopro qualche nuova informazione che non ero riuscito a scovare. Quanto pensi sia importante la centralizzazione e quali sono i suoi effetti sulla cultura e sulla moda? Londra, Parigi, Milano sono conosciute come le capitali della moda, ritieni ci possa essere una decentralizzazione e crescita culturale altrove? Le capitali della moda sono e saranno sempre fondamentali. Cerco sempre di viaggiare in tutte: New York, Parigi o Londra, per scoprire cosa succede in queste frenetiche metropoli. Sono cresciuto nella campagna inglese quindi so cosa significa provenire da una di quelle piccole cittadine di periferia. Raggiungere Arona ha risvegliato in me lo stesso effetto. E’ stato fantastico scoprire il fulcro culturale che questo negozio rappresenta per il territorio circostante. Puoi essere della periferia, ma appassionato di moda. Puoi cercare un marchio emergente online e trovarlo fisicamente qui da VIETTI.Penso sia molto importante per le persone avere un negozio di riferimento dove vedere realmente il prodotto, toccarlo con mano. Non va per forza cercato, tutto può iniziare passando davanti ad una vetrina e notando, ad esempio, un maglione Skeleton di Kapital ed esclamando “Oh, cos’è quello? Sembra fantastico!” Da lì, entrando in negozio, se ne osserva l’etichetta, si scopre la storia del marchio e poi si continua la ricerca una volta rientrati a casa. In che modo pensi la moda sia cambiata negli ultimi anni? Il mercato del lusso ha davvero attraversato un enorme cambiamento negli ultimi 10 anni e la generazione più giovane è guidata da comportamenti, valori e desideri completamente diversi. Queste nuove aspirazioni sono animate dalle nuove generazioni, i trend partono davvero da loro, al contrario di quanto solitamente accade nel settore lusso, dove le idee arrivavano direttamente ai consumatori e non da questi ultimi.In precedenza, il lusso faceva riferimento all’esclusività e ad una fascia di prezzo elevata, mentre l’unicità dello streetwear è subordinata alle conoscenze, rilevanze culturali e vie di accesso. Cos’è il lusso oggi? Chi lo definisce? La nuova generazione punta al cambiamento del modo in cui si acquista, allontanandosi dall’acquisto di brand fast fashion.Non manca il desiderio di fare meglio; il vintage, al momento, è il modo più semplice per avere un maggiore impatto sulla sostenibilità.Gallery Dept rappresenta un marchio che davvero sta prendendo a cuore il tema del riciclo. Per esempio, un jeans Levi’s cambia forma e gli viene donata una nuova identità.Il concetto alla base è quello di acquistare brand con una longevità intrinseca.Quando scelgo cosa comprare, raramente opto per un capo che va di moda in quel periodo e punto più su qualcosa di versatile e senza stagione, che puoi indossare sempre. Mi vengono in mente marchi come Our Legacy e Auralee, che stanno dando una nuova definizione alla parola lusso. Se prendo un paio di jeans Kapital, in particolare la loro linea Kountry, rimango affascinato dalla ricchezza di dettagli meticolosi, mi basta pensare al patchwork Boro o ai ricami Sashiko.Non posso nemmeno immaginare la quantità di lavoro che un artigiano in Giappone metta per la realizzazione di un capo così meraviglioso. Questo è il vero lusso! Cosa ne pensi dello stato attuale dell’alfabetizzazione mediatica? Come ciò interagisce con la diminuita soglia dell’attenzione delle persone? Con la fine della pandemia, penso sia davvero importante che le persone passino il loro tempo all’aperto e senza i loro telefoni. Nel mio piccolo, cerco di dare ispirazione per viaggi in posti come Arona, mostrando dove mi trovo, invogliando gli altri a fare lo stesso.Non c’è nulla di male nel cercare l’ispirazione sul proprio telefono, anche io lo faccio sempre, ma ritengo sia molto più gratificante farlo nel mondo reale, incontrare e conoscere gente, lasciarsi ispirare da posti nuovi.Con tutto quello che sta succedendo nel mondo, penso che il mio compito in questo scenario sia quello di ispirare le persone, mantenere vive storie che andrebbero dimenticate, farne conoscere di nuove e aiutare i giovani consumatori a capire che c’è molto di più dietro ad un acquisto online. Questo è quello che faccio su Instagram e che vorrei, nei prossimi anni, traslare sotto forma di evento per unire la mia community e creare un momento di condivisione con loro.Trasformare tutti quei post in un evento reale sarà davvero importante per creare quella connessione umana che a volte ci manca. Le collaborazioni sono all’ordine del giorno nel mondo della moda. Cosa rende una collaborazione interessante e chi ne beneficia di più? Le migliori collaborazioni si ottengono unendo visioni e mondi diversi. Due marchi che collaborano avranno sempre da imparare l’uno dall’altro.Mi piace il fatto di condividere idee e risorse, in particolare quando rami diversi si uniscono per creare qualcosa di nuovo ed innovativo.Ciò che amo ancor di più è vedere una grande casa di moda collaborare con un giovane designer, spianandogli la strada per un futuro radioso.Uno dei miei pezzi preferiti è sicuramente il Marni Mohair. Quello che apprezzo è l’effetto tattile che mi riporta a Kurt Cobain, agli anni 90 e ai capi di Seditionarries indossati dai Sex Pistols.Il Mohair sta attraversando il suo momento di gloria, soprattutto nelle sue versioni dai colori accesi come questa. Trovo interessante il fatto che stiano riportando in voga la manodopera e soprattutto il lavoro a maglia.Trame e strutture di questi capi ci raccontano storie di persone che, dovendo rimanere a casa, volevano qualcosa di caldo da indossare.E’ un vero e proprio pezzo cult, che dimostra come un brand possa realizzare un capo iconico senza mostrare loghi, ma mantenendo la sua identità intrisa nel capo.Marni ha reso popolare l’hashtag #MarniOnMe che tutti possono usare per condividere scatti dove indossano capi della maison; si vede di tutto: dai giovani che ascoltano grunge fino ai rapper, è fantastico come capi del genere riescano a spaziare tra culture così diverse tra loro, unendo in un certo senso le persone. Ciò che amo di questo cardigan è il modo in cui i colori del paesaggio di Arona sono stati ricreati su un capo di abbigliamento. Il turchese e i verdi che riflettono la natura qui intorno si uniscono ai colori del lago; il tutto sapientemente lavorato in perfetto Marni style. Scopri di più sull'intervista e l'esperienza di Samutaro ad Arona: https://youtu.be/DodcT3U53ds